venerdì 26 marzo 2010

THE NIGHT OF THE LIVING DEAD- LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI (1990)

Dev’essere una particolarità tutta degli anni ’90 quella di generare remake incredibilmente inutili di capolavori degli anni 60.
Non tanto brutti, inguardabili, osceni e senza rispetto per l’originale.
Solo e semplicemente inutili.
Cominciamo da lontano: qualche anno fa un gruppo parecchio famoso, il cui leader se ne andava in giro bullandosi del suo cappellino rosso girato al contrario e dei suoi pantaloni a tre quarti, pensò bene di realizzare una cover di un vecchio pezzo degli Who.
Era alla fine dei suoi anni d’oro, siamo d’accordo.
Il tipo col cappellino rosso, superati ormai i 30 anni, pensò a lungo ad un metodo per liberarsi di quell’immagine da teenager numetallaro troppo cresciuto e comprese che l’unica alternativa alla trasformazione in vecchio emogay (linkin pork docet) era la composizione di un ballatone strappamutande da fattone grunge.
Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, in questo caso quello dell'ispirazione: tale Fred non teneva conto che la sua (se mai ne avesse avuta una) era andata a farsi fottere a forza di motherfu%&er e sh%&t e c%&k e blablablafu%&er vari.
Pensò bene a quella cover quindi, Behind Blue Eyes degli Who.

Fosse stata una canzone sua, nessuno avrebbe avuto nulla da dire sulla riuscita del pezzo, ma di rifacimento si trattò e quindi di confronto si dovette parlare per forza di cose.
Cos’era e cos’è la Behind Blue Eyes dei Limp Bizkit rispetto all’originale degli Who, se non una versione acustica e tranciata di netto sul finale strumentale elettrico, rispetto all’originale?

Niente di più e, anzi, molto di meno.
È una versione scialba e senza mordente di una song (quanto fa gggiovane dirlo) che puntava a essere sicuramente molto più di una semplice ballata, proprio grazie a quel finale volutamente fuori posto.
È, in sostanza, una cover inutile.
Ora prendete tutta quest’immensa introduzione e mettete come termini di paragone l’originale Notte dei morti viventi di Romero e il remake di Tom Savini oppure, se il gioco vi diverte, l’originale Psycho e quello di Gus Van Sant.
Non voglio stare a ripetere nuovamente ciò che dissi per Psycho nella sua recensione e quel che ho appena scritto qui sopra per Behind Blue Eyes.
Semplicemente il film di Tom Savini è una pellicola totalmente inutile.
Si può discutere a lungo sulla pessima qualità degli attori rispetto all’originale, ma quel che più salta agli occhi è semplicemente la futilità di questo remake.
Savini non è Romero così come Van Sant non è Hitchcock, dovrebbe bastare questo.
Ma il mondo vuole delle spiegazioni per tali ignobili operazioni e si finisce così con lo spacciare come omaggi delle scopiazzature riuscite male, riproduzioni sbiadite di capolavori che sono tali per un amalgama di elementi difficile, se non impossibile, da ricreare.
Ha voglia il nuovo regista di indurire il carattere della protagonista, di cambiare di una virgola il finale e di anticipare quella presa di coscienza degli zombie che in Romero avverrà (rispetto all’originale “Notte dei morti viventi” ed era già avvenuta nel 1990) solo con “Zombi” e “Il giorno dei morti viventi”, ma il risultato non cambia.
I colori tolgono fascino alla storia originale, gli attori di pessimo livello certamente non aiutano e pensarla come una pellicola fortemente voluta da Romero per recuperare qualche soldo dalla perdita dei diritti dell’originale “Notte dei morti viventi” fa venire anche un po’ di tristezza, a dirla tutta.
Film inutile non come la maggior parte dei remake, ma come solo questi “omaggi” sanno fare, e che di certo non da lustro a quei vecchi morti che camminano Romeriani che già nel 1990 non impressionavano più di tanto: lenti, goffi e in più di un’occasione ridicoli (a chi protesta: “Ma ormai lo scopo di Romero non è più spaventare ma solo criticare attraverso queste figure”, dico semplicemente che nei primi due film della saga è già detto tutto).
Se già con “Il giorno dei morti viventi” il regista degli zombies aveva perso una buona occasione per smetterla con i suoi living dead, con questo remake, di cui si fa produttore e cosceneggiatore, non fa altro che cadere più in basso.
Passerà più di un decennio per rivedere Romero direttamente all’opera con le sue amate creature ciondolanti ne “La terra dei morti viventi”, un’ idea senza dubbio migliore ma realizzata, forse, nel peggiore dei modi.
È il caso di dire: “Lasciateli riposare in pace”?

GENERE: horror
ANNO: 1990
REGIA: Tom Savini
UNA PAROLA: Inutile e brutto
VOTO: 3,5

lunedì 15 marzo 2010

LA DOLCE VITA

A 24 anni vedo per la prima un film di Fellini e.
Mi vergogno.
Mi rendo conto di quanto sono indietro.
Mi prostro di fronte alla sua grandezza.
Mi rendo conto che non avrei nemmeno il diritto di scrivere queste due righe per quanto sono ignorante in materia.
Ma.
Mi piace l’idea di scrivere qualcosa su un Fellini che poco conosco, se non per qualche storiella sentita in qualche documentario sulla Rai.
Nessuna base su cui poggiare, nessuna conoscenza di stilemi vari ed eventuali del regista o dello sceneggiatore che ti fanno digerire un film per vie traverse, senza nemmeno volerlo.
Molto probabilmente un giorno, con maggior competenza in materia, mi stupirò delle castronerie che seguono ma, ora come ora, al massimo, sarete voi a stupirvi e insultarmi.
Suggerimento.
Sicuramente di fronte a film così grandi ognuno ha una propria visione dettata dalle proprie esperienze e dalle sue convinzioni.
Completamento.
E molto probabilmente ciò accade perché in tali opere sono contenuti più temi di quanti una persona sia disposta in un primo momento a percepire, senza tenere conto di visioni forzate che si allargano a macchia d’olio con il passare del tempo e l’accumularsi di conoscenze sullo specifico autore.
Via.
Senza dover stare a raccontare per filo e per segno ma nemmeno per solo filo la trama di “Una dolce vita” che ognuno può trovare sul sito che più gli aggrada, voglio concentrarmi su quello che mi ha trasmesso.
Una critica alla società, dura ma soprattutto profonda, come in pochi o forse nessun film mi è capitato di vedere.
Una critica di quella spettacolarizzazione lucrosa del nulla e del marcio che oggi regna incontrastata su tutto.
Quella che fa dei bambini visionari un evento mediatico di immensa portata, dove ognuno (padre, madre, zio, conoscente) interpreta il suo ruolo volente (“Quelli so’ i miei nipoti”) o nolente (“Si metta così, guardi di là”) solo per la gioia dei paparazzi (così chiamati da "La dolce vita" in poi persino da Lady Gaga) urlanti, scomposti e violenti e quindi della massa (urlante, scomposta e violenta).
Una spettacolarizzazione che butta nello stesso calderone attrici dalle forme prorompenti e dalla gioia di vivere incontenibile (se non con la violenza), a omicidi-suicidi tragici di personaggi illustri.
Una spettacolarizzazione così eccessiva, e in cui sguazza per comodità Marcello, che porta lo stesso a diventare, infine, oggetto di spettacolo triste e decadente in mezzo a povere piume lanciate dall’interno di un cuscino per l’uscita di scena.
E niente può salvarsi da una società così forte da trascinarsi in basso con le proprie mani.
Non importa che tu sia una diva del cinema al tuo massimo splendore, uno scrittore realizzato che vive "nell’armonia che c’è nell’opera d’arte riuscita" o un giornalista casanova che affascina e fa innamorare perdutamente.
È cemento fresco la società tutta.
E una volta dentro i piedi, il cemento si asciuga sopra ad un oceano senza fondo.
E si comincia a sprofondare sempre più giù, tanto più giù quanto più i piedi sono entrati a fondo in quel cemento fresco, fino al punto in cui non si vede più nulla.
Aristocratici tanto in basso da non riconoscersi più come tali, che non sanno dove dirigersi, dove sbattere la testa per riaccendere anche solo un piccolo lume che li guidi verso qualcosa o perlomeno li faccia divertire in quel nulla buio.
Il nulla.
Quello in cui Marcello, seguendo le orme del padre esperto di champagne e di donne ben prima di lui, entra con tutto se stesso al termine di un percorso inevitabile.
Dal Nord al centro del mondo.
Dallo scrittore in erba al paparazzo.
Dal paparazzo al centro del mondo al giornalista PER chi quel mondo lo dovrebbe guardare dall’alto e invece finisce per esserne completamente sommerso.
Esseri umani così sordi all’affetto vero di un'altra persona da baciarne una seconda mentre la prima dichiara il proprio amore, eppure incapaci di rinunciare alla prima abbandonandola e ritornandola a prendere continuamente su una strada in mezzo al niente in cui avrebbero paura di perdersi senza di questa.
Esseri umani che un tempo, quando erano bimbi, prendevano in giro tutti rincorrendo ridenti una visione della Madonna e salutavano con gioia quel signore una volta seduto alla sua macchina da scrivere e oggi arenato su una spiaggia come una manta ormai morta ma che insiste a rimanere con gli occhi aperti e a guardare.

REGIA: Federico fellini
GENERE: Commedia
ANNO: 1960
UNA PAROLA: Profondo
VOTO: 10

venerdì 5 marzo 2010

UN ANNO DI VISIONI: 2008- QUINTA PARTE

Un mese di pausa per i maledettissimi ultimi esami e si riprende...
Maledettissimi anticipa il libro appena letto e nelle prossime settimane recensito.

21. Step Up 2- The street_ Step Up2- La strada per il successo

Ehm…si…dunque…c’è questa ragazza a cui piace ballare.
E indovinate?
Realizzerà il suo sogno!
Tra mille difficoltà e imprevisti improbabili vari ma ce la farà.
Scaricatevi l’ultima scena di ballo e lasciate perdere tutto il resto.
Sono sicuro che anche il regista ha fatto così.
REGIA: John Chu
VISIONE: cinema
UNA PAROLA: Ballo!
CONSIGLIATO: ehm…
VOTO: 5-

22. L'altra donna del Re

 Se volete vedere la Johansson con lo sguardo da maialino intorpidito, la Portman corrucciata e i muscoli di Eric Bana su una storiella tutto sommato apprezzabile bene.
Se invece cercate la vera storia di Enrico VIII compratevi pure una biografia e attendete che la smettano di girare “Troy” e company.
REGIA: Justin Chadwick
VISIONE: cinema
UNA PAROLA: Storico?
CONSIGLIATO: ni.
VOTO: 6

23. The Darjeeling Limited- Il treno per il Darjeeling

Altro film, altra non recensione.
Si può scrivere di un film così colorato e surrealmente folle?
Wes Anderson ti lascia ancora una volta con la bocca semiaperta a fine pellicola mentre ti chiedi se sei tu che non lo capisci e se è lui che non vuole farsi capire.
È tutto eccessivo e stralunato eppure non così divertente come uno pensa possa esserlo.
O forse si?
Colonna sonora stupenda.
REGIA: Wes Anderson
VISIONE: cinema
UNA PAROLA: stralunato.
CONSIGLIATO: si
VOTO: 7-

24. Saw IV

Già al terzo capitolo con maiali marci squartati sopra la testa di protagonisti senza nessun senso di esistere ci si chiedeva a cos’altro bisognava assistere per vomitare finalmente quei due popcorn che riuscivi a mandare giù prima di maciullamenti vari.
La risposta sta in questo quarto merdaviglioso capitolo.
Quel che più schifa non è nemmeno più il sangue, le budella, le teste che esplodono o chissà che altro.
Semplicemente pensi che nessun essere umano dotato di intelligenza avrebbe potuto scrivere una così immane cazzata.
E invece qualcuno c’è riuscito.
Mi dirigo verso il bagno.
REGIA: Darren Lynn Bousman
VISIONE: dvd
UNA PAROLA: orrore (non horror).
CONSIGLIATO: no
VOTO: 2

25. Notte brava a Las Vegas

Simpatica commedia non romantica con finalino straannunciato.
La differenza la fa il divertimento in mezzo.
REGIA: Tom vaughan
VISIONE: cinema
UNA PAROLA: caciarona.
CONSIGLIATO: perché no?
VOTO: 6,5