martedì 17 febbraio 2015

DI DROGHE, AMICIZIA E ROCK'N ROLL


Così va scritta.
Non una barbosa sequela di date e dati, avvenimenti e nomi, elenchi e tabelle.
Non una sconclusionata sequela di idee e fissazioni ripetuta all'ossesso.
Non una corretta e puntigliosa descrizione degli episodi più curiosi che hanno segnato la propria carriera.
Non uno studio storico, non un diario e nemmeno un compitino scolastico, Life si presenta piuttosto come una mastodontica storia raccontata da Papà Castoro, Mr Keith Richards, capace con le sue parole di affascinare, emozionare, incuriosire e persino un po' incazzare.
Mi sembra di vederlo mentre si siede con l'amata bottiglia di Jack Daniel's nella veranda di una delle sue case in Jamaica o alle Barbados al tramonto e comincia a raccontare di quella volta che nonno Gus per la prima volta gli diede in mano una chitarra a 8-9 anni, “Se sai suonare Malagueña, sai suonare qualsiasi cosa”, inconsapevole di quanta strada avrebbe fatto quel bambino con la faccia da furfante in un mondo che allora neanche esisteva.
Si è vero, c'erano Elvis, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis e poco prima del suo successo vennero fuori pure i Beatles, ma furono i Rolling Stones a rivoluzionare per sempre il senso della parola rock agli occhi di tutto il mondo: brutti, sporchi e cattivi e niente sarà più come prima.
Keef mi guarda con quel suo sorriso tagliente, di traverso, e prosegue a raccontare dei primi successi, delle ragazze che letteralmente se la facevano addosso ai loro concerti mai finiti per il troppo caos, delle fughe sui tetti e dei guai con l'odiata legge.
Della grande amicizia con Mick Jagger, dei giovani amori, dei dischi fondamentali, dei primissimi soldi.
Della grande amicizia con Bobby Keys, dei riff leggendari, della tecnologia sbilenca, della marijuana, di Anita Pallenberg.
Della grande amicizia con Charlie Watts, delle dosi sempre più alte di eroina, dei primi amici morti, dei figli sballottati qua e là.
Della grande amicizia con praticamente chiunque abbia lavorato nel rock tra gli anni '50 e '80, delle astinenze, degli screzi con Jagger.
Di tutto, ma soprattutto di amicizia, droghe e musica.
Keith parla di tutto quel che si ricorda e anche di quel che non si ricorda per le troppe sostanze assunte tramite le parole di qualcuno a lui vicino in quel periodo e lo fa con una disinvoltura e un fascino che difficilmente si trova persino su quelle fantomatiche biografie in cui un po' tutto è inventato o passato attraverso 10 mani prima di arrivare ad essere scritto.
Il pirata sembra avvertirmi che lui ha corso troppi pericoli, che più di una volta si è salvato miracolosamente, che non è assolutamente bello essere eroinomani, acidomani, cocainomani e alcolizzati, ma sembra sempre ridere sotto i baffi: “Certo non farlo, io però mi son divertito, 9 giorni in piedi senza dormire...”
Verso l'alba Keith comincia a parlare finalmente degli anni '90 e 2000, della sua numerosa famiglia, dei grandi amici scomparsi, dei suoi ultimi tour mastodontici e delle piccole disavventure della vecchiaia: cadute dagli alberi o dalle librerie con conseguente rottura del cranio o perforazione di un polmone, ceneri del padre sniffate quasi per caso per farne parte di sé e insomma si, tutte quelle cose che fanno le persone della sua età.
Poi mentre il sole sorge, Keef si alza dalla sedia, va in casa a recuperare la chitarra e non faccio neanche tempo a chiedermi se finalmente è andato a riposarsi che lui è già di ritorno suonando Malagueña.
In fondo “Due accordi di Malagueña ed è fatta”.

LIFE
AUTORE: Keith RIchards
ANNO: 2010
GENERE: Biografia
VOTO: 9

1 commento:

SULPALCO ha detto...

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